JULIE MAGGI
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Avventure sul Cammino di Santiago su La Repubblica: intervista completa.

11/4/2016

 
Molti dei miei amici di Torino e Val di Susa hanno avuto modo di leggere l'intervista pubblicata venerdì scorso sul quotidiano La Repubblica. Per coloro che, per ragioni di spazio, tempo e allineamento dei pianeti, non fossero riusciti a procurarsi una copia del mitico giornale, ecco qui. Questa è l'intervista senza i tagli apportati sul giornale (dovuti a questioni di spazio). Sono molto felice che le mie parole siano finite su un quotidiano così importante e spero che vi piacciano le risposte da me date a Leonardo Bizzaro, il gentilissimo giornalista con il quale ho avuto modo di collaborare per la creazione di questo articolo. Speriamo ne seguano altri :-D
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Perché è partita per un pellegrinaggio?

Mi ero appena trasferita a Torino dopo aver vissuto a Roma per parecchi anni.
Pioveva a dirotto. La mia casa era un sottotetto dalle parti di Porta Nuova in un palazzo della fine del 1700. Quando il telefono squillò, quasi non lo sentii per il baccano che facevano le gocce di pioggia sulle tegole. 
Era Andrea S., un mio caro amico dei tempi dell'Accademia di Belle arti. Forse perché sapeva che mi piacciono i racconti, forse perché sapeva che mi piace viaggiare, mi tenne al telefono per ore, raccontandomi del suo incredibile viaggio a piedi, alla volta di Santiago de Compostela.  
Era un pomeriggio di settembre del 2012 e io, all'epoca, non sapevo nemmeno di preciso dove fosse, Santiago. 
L'energia sprigionata dalle sue parole fu come un raggio di sole. Illuminò quel pomeriggio con una potenza tale che, quando chiusi la telefonata, nella mia testa non c'era altro che un nome: Santiago. 
Non partii per un pellegrinaggio. Partii alla ricerca di quell'energia.

Perché decine di migliaia di persone si affollano sul Camino: fede, desiderio di avventura, una Woodstock escursionistica, un ritorno al passato ispirato da letture e film?

Se io le dicessi che, per meno di mille euro, in un mese è possibile: trovare il tempo per meditare, venire a contatto con la natura, scoprire luoghi nuovi e che (quasi sempre) hanno mantenuto viva la loro magia, imparare parole straniere provenienti da tutto il mondo, perdere peso in modo salutare, imparare ad orientarsi, degustare cibi e bevande interessanti, fare amicizia con centinaia di persone, fare sport, migliorare il ciclo sonno-veglia, scambiare parole di saggezza e di conforto con perfetti sconosciuti, imparare a pregare per divinità che sono solo nostre, riscoprire le necessità minime ed imparare ad apprezzare cose essenziali (ma fin troppo scontate per noi computer-dipendenti) come cibo, acqua e salute...partirebbe?
In passato poche persone percorrevano il Cammino per due motivi: il percorso non era ben organizzato e non c'erano ancora gli strumenti per far conoscere alla gente questo meraviglioso percorso spirituale. Perché sì, e lo dico da persona che non ci tiene a catechizzare nessuno, questo è un percorso spirituale. Ma in un senso che ha ben poco a che vedere con quello che la gente si aspetterebbe. L'esperienza del Cammino di Santiago è come un seme piantato in profondità, che cresce lento e costante.

Lei scrive, disegna: come si racconta un'esperienza come quella che ha vissuto?
 

Prima di partire per Santiago ho fatto moltissime ricerche. Subito dopo aver finito di parlare con il mio amico sono corsa a cercare questo mitico luogo sulla mappa. Poi ho cercato di capire chi fosse stato San Giacomo. Successivamente mi sono preoccupata di trovare delle informazioni sul percorso stesso, e sul tipo di attrezzature necessarie allo scopo di percorrere gli ottocento chilometri previsti. Mi diedi meno di un anno di tempo per prepararmi psicologicamente (per superare l'ansia di viaggiare all'estero da sola), fisicamente (per preparare le mie gambe alla fatica dei trenta giorni di cammino), economicamente (per mettere da parte i soldi necessari) e in tecnicamente (per trovare "le scarpe giuste", "lo zaino giusto", ecc). Poco prima di partire, un po' per farmi coraggio, un po' per condividere con i miei amici le mie scoperte, realizzai la mia "Piccola guida per Santiago de Compostela", un piccolo libro illustrato a mò di sketchbook che illustra sinteticamente le cose essenziali da sapere se si vuole affrontare il cammino di Santiago. La guida è ora disponibile come auto produzione su Amazon in tre lingue diverse (italiano, inglese e spagnolo) ed è stata bestseller nella categoria libri illustrati in Italia e Brasile. Al mio ritorno da Santiago, in meno di tre mesi scrissi il mio romanzo. Volevo raccontare tutto prima che la memoria potesse perderne i dettagli. Ad aiutarmi a ricordare, ogni giorno, tramite Skype (all'epoca abitavo a Brussels), il mio fidato compagno di viaggio, conosciuto lungo il Cammino: Matteo. Tramite le mie foto, i pezzi di diario che molto raramente avevamo scritto e i nostri timbri sulla Credencial (il passaporto del pellegrino) riuscimmo a tirare giù una scaletta che poi fu la base per scrivere il mio libro.

Ha letto i tanti altri diari di viaggio del Camino? 

Fino al mio ritorno dal Cammino di Santiago non avevo letto nessun diario di viaggio legato a questo pellegrinaggio. Fu solo qualche mese prima che il mio libro venisse pubblicato che decisi di fare "a scambio di files" con alcuni pellegrini che, come me, avevano deciso di raccontare la loro storia. Ho letto le loro storie e loro hanno letto la mia. Ancora adesso mi stupisco di quante possibili sfumature narrative possa assumere una semplice, seppur lunga, strada sterrata.

Il piacere del camminare, che è diventata cosa ben diversa dall'escursionismo, soprattutto in una fascia più giovane: come mai? 

Credo che fosse ora che le persone scoprissero il piacere di camminare. Sul Cammino ho trovato moltissimi ragazzi che, in compagnia dei loro coetanei andavano allegramente alla "conquista" di Santiago. Camminare è formativo, educa all'attesa, spinge al superamento dei propri limiti. Credo che le nuove generazioni abbiano bisogno di scoprire sulle loro gambe il piacere della riuscita di un'impresa, piccola o grande che sia. 
Grazie a mio nonno bonànima e a mia madre (entrambi nati in Trentino ma grandi amanti delle montagne della Val di Susa, dove è nata e cresciuta mia nonna) camminare è sempre stato, per me, uno dei piaceri da andare a ricercare, soprattutto durante le vacanze estive (d'inverno si scia, da quelle parti!). 
Essendo i miei nonni materni entrambi nati in montagna, fin da piccola sono stata trascinata su per le valli e le ferrate. I miei compagni di giochi, soprattutto quelli di Chiomonte, sono tutti cresciuti mangiando il formaggio delle malghe che andavano a prendere dopo una scampagnata in mezzo ai boschi. Ricordo ancora la mia prima notte in rifugio, dopo aver scalato una montagna di 2.747 m s.l.m. (il Vaccarone, un rifugio situato nel comune di Giaglione (TO), in Val di Susa): la stanchezza ricompensata dal silenzio e dalla bellezza del sole nascente il mattino successivo. Avevo sedici anni, forse qualcosa in meno e non c'erano adulti in mezzo a noi. 

Perché tanta gente ha scelto di viaggiare a piedi e addirittura una casa editrice si è messa a pubblicare solo libri di viaggi a piedi?

Camminare permette di cogliere aspetti che altrimenti andrebbero persi. Non parlo solo delle interessanti lezioni naturalistiche impartite dall'esperienza: dal riconoscere le tracce degli animali, al saper scovare i funghi commestibili, al trovare il "nord" guardando i tronchi degli alberi. Parlo di quello che si scopre su noi stessi. 
Ci si dà la possibilità di sentirsi parte della natura stessa: i profumi delle piante che ci circondano e che entrano dentro di noi, il rumore di un temporale che si avvicina e che ci spaventa, il doversi fermare di fronte a certi ostacoli che delineano la nostra figura come esseri umani. Sono tutti aspetti della vita che, per quanto HD possa essere il nostro televisore, perderemmo di sicuro se non mettessimo la testa fuori casa. 
E per chi non può permettersi di viaggiare con i piedi, ecco che, come del resto hanno sempre fatto, i libri aprono le porte alle avventure più incredibili. E in tempi di crisi, quando la gente sente il bisogno di "scappare via" dalla vita di tutti i giorni, a volte dura e ingiusta, un buon libro offre un grande aiuto, permettendo di sognare luoghi e persone che esistono davvero. Solo che non sono ancora stati trovati da tutti coloro che li stanno cercando. 


Quante volte ha pensato di smettere e tornare a casa? E quando ha capito che ce l'avrebbe fatta?

Durante il cammino ho avuto due problemi legati alla salute: mal di schiena (dovuto soprattutto all'eccessivo peso del mio zaino) e un'infezione ad un piede data dalla grande quantità di vesciche e da un errore nella cura di una di esse. Il problema alla schiena lo risolvetti parzialmente regalando metà del contenuto del mio zaino ad altri pellegrini (ma se dovessi ripartire oggi porterei uno zaino non più grande di trenta litri e un solo cambio di vestiti. Minimal è la parola d'ordine sul Cammino). 
Il problema ai piedi è stato un grosso ostacolo fin dal terzo giorno. Ricordo che spesso dovevo prendere antidolorifici nel bel mezzo della notte o prima ancora di mettermi a camminare. Una delle piante dei miei piedi era diventata di colore blu. 
Il momento peggiore è stato quando, con Matteo, ci siamo persi nelle campagne prima di Burgos. Abbiamo marciato per quaranta chilometri sotto il sole. Poi abbiamo finito l'acqua. E, senz'acqua, ne abbiamo percorsi altri cinque, o forse anche di più, senza avere la più pallida idea di dove ci trovassimo. Arrivata all'albergue, alla sera, mi sono sentita letteralmente svenire nel letto, dopo aver mangiato, bevuto due litri di acqua, disinfettato le ferite e spalmato uno strato di due centimetri d'altezza di crema dopo sole sulle mie gambe ustionate. 
Ma nonostante tutto questo, non ho mai pensato di interrompere il mio Cammino. A volte mi sono dovuta fermare per un giorno, per via delle vesciche (sono arrivata a quota nove, anche le une sulle altre. Un solo consiglio: non usate i cerotti di silicone che si incollano alla pelle. Mai). Al fatto di arrivare o meno non ci ho mai pensato fino al momento in cui mi sono resa conto che in poche ore sarei arrivata alla mia meta finale. 

Perché è partita da sola?

Quando parlai alle persone intorno a me della mia intenzione di compiere questo pellegrinaggio molti mi snobbarono, si rivelarono spaventati all'idea o semplicemente non intenzionati a usare le loro risorse fisiche, economiche e il loro tempo per qualcosa di cui avevano, forse, sentito parlare solo vagamente. 
Pensavo inoltre che fosse una buona maniera per esorcizzare la mia paura di viaggiare da sola all'estero. Paura che, devo dire, è stata esorcizzata del tutto visto che ora ci vivo all'estero (al momento a Londra), da tre anni. 
All'epoca non ero consapevole che sul Cammino non si è mai soli. Ripartirei, da sola o in compagnia, anche domani stesso.
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Questo è il romanzo in cui racconto delle mie peripezie lungo il Cammino di Santiago. Compratelo, leggetelo, recensitelo e consigliatelo. Ve ne sarò eternamente grata! :-*

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