Quando scrissi questa storia, tre anni fa, la pioggia del Belgio bagnava i vetri della finestra della mia camera e grosse lacrime solcavano il mio viso. L'abbandono, quello vissuto da adulti, è doloroso come quello vissuto da ragazzini. Mi sono sempre posta questioni riguardanti lo spazio emotivo: quel luogo non luogo in cui nascono i nostri pensieri, quel campo di forza invisibile che alimenta le nostre gioie e i nostri dolori. La sera in cui scrissi The Blank Room fu una sera importante. Nulla era più come prima, non gli amici, non la casa in cui vivevo, non la lingua che parlavo, non il cibo che mangiavo. E non la persona che amavo, o meglio, che avevo amato. E che mi aveva amato. Ma in che luogo erano finite tutte le emozioni che avevo vissuto e condiviso? Com'era possibile che ciò che il giorno prima mi aveva reso così felice, quella sera mi facesse sentire così triste? Non ero sempre io? Non era sempre lo stesso mondo in cui abitavo? E allora perché tutto mi sembrava così difficile? Non ci sono tanti altri modi per descrivere l'abbandono, se non quello che io definisco "lo strappo": come due pezzi di stoffa che vengono tirati alle due estremità e si dividono là dove erano stati cuciti insieme. Quando si parla di esseri umani, però, con i loro sogni e le loro speranze, tutto diventa tridimensionale. Noi conteniamo emozioni, noi condividiamo emozioni. Fu così che nacque in me l'immagine della stanza vuota: The Blank Room. Blank non significa solo vuoto, ma anche nuovo, pulito, assente. Indica uno spazio vuoto. La cosa che meglio rende l'idea è la tabula rasa dei latini. Per loro si trattava di una superficie di cera che veniva riportata al suo stato originario allo scopo di poterci scrivere nuovamente sopra. In ambito filosofico viene usato il termine tabula rasa per indicare l'assenza di conoscenza riguardo ad un determinato argomento. Per me tutte queste definizioni avevano a che fare col concetto che volevo spiegare. Un'assenza percepita. Un vuoto in uno spazio che era stato precedentemente creato per contenere qualcosa. Mi ci sono voluti tre anni per poter creare le illustrazioni per questa storia. Ma adesso è qui, finalmente libera di essere letta, interpretata e criticata. Due artisti, pur essendo morti da tempo, mi hanno aiutata ed ispirata sia durante la stesura della parte scritta che durante la realizzazione grafica: Sol LeWitt e Lucio Fontana. Lascio a voi il piacere di scoprire o riscoprire le loro opere, con la speranza che vogliate farlo senza partire dal presupposto che, siccome non si tratta di fumettisti o illustratori, allora non debbano essere avvicinati. Non hanno la peste anche se illustrano concetti in modo astratto. Lasciatevi trasportare nella loro dimensione artistica, non ve ne pentirete. Mi auguro che questo mio libro vi piaccia. Al momento ne esistono una ventina di copie, che sono quelle rimaste della tiratura che ho realizzato per il Treviso Comic Book Festival. Più avanti lo metterò come sempre in vendita su Amazon. Per chi volesse ordinare una delle copie della prima tiratura, è possibile ordinarla tramite il mio shop online.
Saluti a tutti voi! Julie |
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September 2019
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