JULIE MAGGI
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Nuove edizioni e un regalo per Halloween!

9/10/2017

 
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Questo mese è pieno di cose da fare: l'inverno sta arrivando e con esso il periodo più intenso per i piccoli elfi natalizi come me. Sono arrivate le prime copie della guida di Elsie per l'Afternoon Tea e ho già spedito i primi ordini. Ho preparato dei regalini per tutti i miei lettori che, pur sapendo che il libro era ancora in stampa, hanno deciso di pre-ordinarlo. Un gesto di fiducia che per me ha un valore immenso. Lasciate che vi mostri il mio libro :-)

Spoiler alert: questo video vi mostra il contenuto del libro! □ Per chi fosse interessato, trovate "Ricette e segreti per un perfetto Afternoon Tea" (anche in inglese) in vendita sul mio sito □ link in bio. #flipbook #illustration #afternoontea #teatime #mouse #cutedrawings #recipes #baking #bakingrecipes #teacakes #cakes #cakesrecipes

Un post condiviso da Julie Maggi (@juliemaggi) in data: 10 Ott 2017 alle ore 01:06 PDT

Tra le altre cose devo preparare il mio matrimonio, cosa che credo richiederà un bel po' di tempo e pazienza. Solo per decidere lo stile della torta credo mi serviranno un paio di settimane.

Per questo ho deciso di farmi dare una mano dal vecchio Amazon e ho messo online The Blank Room (in lingua italiana), che ora potrà essere acquistato direttamente lì. Ho ancora qualche copia qui in magazzino, per le prossime fiere di fumetto, ma la nuova versione sarà facilmente acquistabile in ogni singolo Paese del mondo che goda della distribuzione di Amazon e vi arriverà in men che non si dica (potrete anche usare la velocissima "spedizione in un giorno").

​Cosa cambierà nell'edizione? Beh, sarà un brossurato invece che uno spillato, della stessa dimensione della Piccola guida per Santiago de Compostela. Leggermente più grande della versione autoprodotta e con una plastificazione più soffice al tatto.

​Insomma, decisamente un bel librettino da aggiungere alla vostra libreria.

​Siccome Halloween si avvicina e so che siete appassionati di storie un po' spooky  (spaventose) ho deciso di farvi un regalo. Il giorno 31 di ottobre e il primo di novembre Elenoir, Elenoir 2 e I racconti di Poe saranno scaricabili gratuitamente su Amazon. Una bella sorpresa eh? Spero davvero che vi piaceranno e che sarete così gentili da lasciarmi delle recensioni positive.

Per ora questo è tutto. Torno al mio tavolo da disegno, a preparare dediche e pacchettini.
Vi abbraccio fortissimissimo.
La vostra scribacchina,
​Julie

Dopo un mese e mezzo di Cammino, finalmente di ritorno a casa (con un quintale di lavoro arretrato).

7/9/2017

 

E all'arrivo trovo mio fratello, mia madre e una bottiglia di champagne. Sono felice! □□□□□□ #caminodesantiago #caminosanabres #arrived #santiago #plazaobradoiro #sohappy #happiness #1007km #viadelaplata #finishline #adventures #españa

Un post condiviso da Julie Maggi (@juliemaggi) in data: 2 Set 2017 alle ore 08:30 PDT

Questa mattina mi sono svegliata nel mio letto, coperte e lenzuola pulite, una colazione pronta per essere preparata in cucina e una doccia calda. Queste piccole cose, dopo un mese di avventure sulla via della Plata, mi sono sembrate già delle conquiste inimmaginabili. Poi ho iniziato a pensare a tutte le cose da fare che, in mia assenza, si erano accumulate. E il pensiero di ripartire per la Spagna mi ha sorvolato molto da vicino.

​Ma sono troppo emozionata all'idea di mettermi al lavoro per preparare i prossimi libri, incluso quello in cui vi racconterò per filo e per segno, di tutte le mie giornate di Cammino lungo la Via della Plata e il Cammino Sanabrese. E poi le illustrazioni: ho deciso di illustrare entrambi i miei libri di avventure sul Cammino, sia il mio precedente (ora tornato in autoproduzione - finalmente), che quello che scriverò nei prossimi mesi. Mi baserò sul diario di viaggio che scrivevo quotidianamente, senza saltare nemmeno un giorno, alla luce della torcia elettrica che mi ero portata in viaggio.

Appunti per il nuovo libro. A lume di torcia elettrica. □ #caminodesantiago #caminosanabres #writing #writer #newbook #workinprogress #notes #keepingmemories #diary #newbookcomingsoon

Un post condiviso da Julie Maggi (@juliemaggi) in data: 24 Ago 2017 alle ore 12:51 PDT

Conto di ultimare la stesura di Avventure sulla Via della Plata prima di Natale e di finire le illustrazioni entro marzo. Spero in questo modo di poterlo far uscire per la prossima estate.

​Vorrei cogliere l'occasione per ringraziare le persone che, durante questo lunghissimo Cammino, mi hanno seguito, supportato e tirato su di morale nelle le giornate no. Non so come avrei fatto senza gli amici, i parenti e i followers che in questo mese e mezzo mi hanno trasmesso energia scoppiettante e affetto e che mi hanno incoraggiato nella mia impresa. Siete stati i migliori compagni di viaggio che io potessi avere e spero di poter ricambiare la gioia che mi avete donato attraverso le mie parole e disegni.
 
​Vi scriverò presto per comunicarvi altre novità, ma per oggi è tutto. Vado a lavorare che ho davvero una lista infinita di cosine belle da preparare per voi e non vedo l'ora di mettermi all'opera!

Saluti e baci dalla vostra camminatrice a riposo (per ora :-D)

The Blank Room: un libro illustrato per spiegare la sofferenza dell'abbandono e il potere della rinascita.

29/9/2016

 
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Quando scrissi questa storia, tre anni fa, la pioggia del Belgio bagnava i vetri della finestra della mia camera e grosse lacrime solcavano il mio viso. L'abbandono, quello vissuto da adulti, è doloroso come quello vissuto da ragazzini. 

Mi sono sempre posta questioni riguardanti lo spazio emotivo: quel luogo non luogo in cui nascono i nostri pensieri, quel campo di forza invisibile che alimenta le nostre gioie e i nostri dolori. La sera in cui scrissi The Blank Room fu una sera importante. Nulla era più come prima, non gli amici, non la casa in cui vivevo, non la lingua che parlavo, non il cibo che mangiavo. E non la persona che amavo, o meglio, che avevo amato. E che mi aveva amato. Ma in che luogo erano finite tutte le emozioni che avevo vissuto e condiviso? Com'era possibile che ciò che il giorno prima mi aveva reso così felice, quella sera mi facesse sentire così triste? Non ero sempre io? Non era sempre lo stesso mondo in cui abitavo? E allora perché tutto mi sembrava così difficile?
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Non ci sono tanti altri modi per descrivere l'abbandono, se non quello che io definisco "lo strappo": come due pezzi di stoffa che vengono tirati alle due estremità e si dividono là dove erano stati cuciti insieme. Quando si parla di esseri umani, però, con i loro sogni e le loro speranze, tutto diventa tridimensionale. Noi conteniamo emozioni, noi condividiamo emozioni. Fu così che nacque in me l'immagine della stanza vuota: The Blank Room.

Blank non significa solo vuoto, ma anche nuovo, pulito, assente. Indica uno spazio vuoto. La cosa che meglio rende l'idea è la tabula rasa dei latini. Per loro si trattava di una superficie di cera che veniva riportata al suo stato originario allo scopo di poterci scrivere nuovamente sopra. In ambito filosofico viene usato il termine tabula rasa per indicare l'assenza di conoscenza riguardo ad un determinato argomento. Per me tutte queste definizioni avevano a che fare col concetto che volevo spiegare. Un'assenza percepita. Un vuoto in uno spazio che era stato precedentemente creato per contenere qualcosa. 
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Mi ci sono voluti tre anni per poter creare le illustrazioni per questa storia. Ma adesso è qui, finalmente libera di essere letta, interpretata e criticata. 

Due artisti, pur essendo morti da tempo, mi hanno aiutata ed ispirata sia durante la stesura della parte scritta che durante la realizzazione grafica: Sol LeWitt e Lucio Fontana. Lascio a voi il piacere di scoprire o riscoprire le loro opere, con la speranza che vogliate farlo senza partire dal presupposto che, siccome non si tratta di fumettisti o illustratori, allora non debbano essere avvicinati. Non hanno la peste anche se illustrano concetti in modo astratto. Lasciatevi trasportare nella loro dimensione artistica, non ve ne pentirete.
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Mi auguro che questo mio libro vi piaccia. Al momento ne esistono una ventina di copie, che sono quelle rimaste della tiratura che ho realizzato per il Treviso Comic Book Festival. Più avanti lo metterò come sempre in vendita su Amazon. Per chi volesse ordinare una delle copie della prima tiratura, è possibile ordinarla tramite il mio shop online. ​​

Saluti a tutti voi!
Julie

La musica sul Cammino di Santiago: 12 canzoni più una.

11/5/2016

 
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Camminare nel completo silenzio mette l'anima in pace e aiuta a meditare profondamente. Ma dopo sei, otto ore di cammino (quanti di voi hanno mai camminato per più di quaranta chilometri?) non c'è niente di meglio della propria canzone preferita per ritrovare il giusto ritmo e rimettersi in marcia con nuove energie. Per questo motivo, tra canzoni da ridere, canzoni da cantare a squarciagola nelle campagne deserte e canzoni da ascoltare in silenzio mentre si prende sonno, ecco qui una lista compilata da me e Matteo (il quale è anche un bravo chitarrista) con tutte le canzoni che ascoltavamo durante il nostro Cammino.
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A fine articolo troverete anche una sorpresa: una trasmissione radiofonica in cui parlo (sì, non scrivo, parlo proprio!) del Cammino di Santiago e lancio una canzone tra le mie preferite. Vi metterò anche i link per poter trovare i vari album di cui parlo. Come artista vi chiedo, per favore, di non scaricarveli illegalmente. Campare facendo conto sui diritti d'autore è davvero dura: abbiate la bontà di ripagare chi nel proprio lavoro ci mette l'anima.

Come prima canzone vi propongo questa: si chiama Roundabout e il gruppo si chiama Yes. Mi ricordo che io e Matteo l'ascoltavamo spesso, per viaggiare con la fantasia e spararci viaggioni importanti. (il cd lo trovate qui). Non vi spaventate per la lunghezza delle canzoni. Erano gli anni Settanta.

E ora ve ne propongo un'altra sempre abbastanza vintage: Thelonius Monk - Round Midnight. Parliamo di uno dei mostri sacri del jazz. Un uomo che ha percorso l'intero secolo regalandoci pura energia musicale. Qui il frutto delle sue mani e della sua mente (e di tutta una serie di artisti che con lui hanno collaborato) in 15 dischi che se non li avete è cosa brutta. Da maneggiare con cura. Occhio che poi vi innamorate. Poi non dite che non ve l'avevo detto. :-)

Questa farà felici molti chitarristi :-) Ecco a voi i due mostri sacri Paco De Lucia (immerso nel flamenco dalla tenera età di 5 anni, se non prima, purtroppo prematuramente morto - ma su una spiaggia messicana) e Al Di Meola (forse alcuni non lo sanno, ma il nostro caro ragazzo è di origini italiane, per essere precisi della provincia di Benevento). Vi consiglio di iniziare a conoscerli partendo da questo album qui. Sono capaci di creare la magia usando quelle sei corde là. Guardate le loro facce. Tranquilli proprio, come se si stessero bevendo un grappino al bar.

Dave Brubeck è uno di quelli che ti fa salire i nervi. Diplomatosi al conservatorio senza nemmeno saper leggere gli spartiti, ha strabiliato il mondo intero con le sue composizioni jazz. Occhio, nel video Dave è quello che suona il piano, l'altro è quell'altro mito di Paul Desmond e suona il sax contralto. Trovate questo brano nell'album Time Out!

Non è il mio cantante preferito, ma è impossibile negarne l'importanza musicale. Questa canzone, fa molto pensare. Come sempre il suo è un punto di vista alternativo, reazionario. Ed è un bene che a volte gli artisti siano così. Come in tutti i suoi testi (che quasi preferisco alla musica) anche qui c'è tanta poesia, specialmente se si considera il periodo storico (le lotte studentesche...). Da ascoltare meditando. L'album è questo qui.

Questa è una di quelle che mette allegria e voglia di viaggiare. Lui, paragonato agli altri è solo un musicista scozzese random a cui piace fare reggae. Ma a noi non importa. La musica è musica (e lui ne ha fatte due o tre davvero carine di canzoni). Questo è il suo album.

E, sempre per la serie "viaggio nel tempo", questo dei King Crimson è un album che abbiamo consumato per tutte le volte che lo abbiamo ascoltato. 10 per la musica e 3 per la copertina. Grafica brutta davvero.  Il genere della loro musica non lo sanno nemmeno loro ma del resto nel 1969, a Londra, ricordarsi anche solo del proprio nome e cognome era di per sé un segno di grande maturità. Il capo è Robert Fripp, il chitarrista che da 40 anni fa da direttore d'orchestra a quelli che sono i vari musicisti che si danno il turno nella formazione della band. Che sia anche lui uno di quei miti immortali della musica del Ventunesimo secolo? Come vi dicevo: sono molto, molto sperimentali. Ma ascoltateli fino alla fine. Un piccolo mostro multicolore entrerà nella vostra testa e vi pianterà dei fiori dentro. Promesso. Ah, l'album è questo qui.

I PFM si chiamano così perché, nel momento in cui hanno deciso di andare a fare i fichi all'estero la gente non riusciva a pronunciare bene il loro nome (Premiata Forneria Marconi è un po' barocco, ammettiamolo, su). Sono, diciamo così, una versione tranquilla dei King Crimson. Da ascoltare e riascoltare. Secondo me rendono bene anche in macchina. Quest'album è mitico. E suppongo che dal vivo siano anche meglio :-D Al minuto 19: ricordone di me e Matteo con una cuffia ciascuno mentre tentavamo di dormire con la gente che ci russava intorno. Che pace. Ora.

Questo è un po' trash. Ma il bello di ascoltare musica con Matteo è che riesce a farti apprezzare tutto. O quasi. Questi ragazzi qui sono i principali responsabili della nascita del "pop metal". Che vi piaccia o meno, hanno fin'ora venduto 56 milioni di dischi. Questo è il loro album. Energia? Tanta. Eleganza? Un po' meno.

E ora passiamo a qualcosa di vagamente più nelle mie corde. Svedesi, matti e pluripremiati. Questi sono gli Hives, una band che vi farà pensare allo snowboard e ai pattini a rotelle. A me gustano parecchio. E fanno molto fine anni Novanta - lacrimuccia. Qui trovate il loro album.

Qualcuno ha detto rock? Quest'uomo (che vi piaccia con o senza baffi) non solo può vantare due modelli di chitarre Fender dedicati a lui, ma ha lavorato, come chitarrista, con alcuni dei gruppi rock più importanti del mondo. Oltretutto ha anche realizzato dei  video-metodi per chitarra heavy metal. Così tutti i ragazzini e le ragazzine rocchettare hanno fatto i primi passi verso l'universo delle giacche in pelle. Grazie, Richie. Il suo album (uno dei mille), lo trovate qui.

Poi si va sul classico. Se non li conoscete vuol dire che siete marziani. Mi rifiuto di descriverli. Sparatevi tanti bei viaggioni con i gloriosi Pinkf. The Wall lo trovate pure in regalo nei fustini di Dixan, ma anche qui.

E poi la sorpresina. Una bella intervista fatta per radio Francigena in cui vi parlo di un po' di cose legate al Cammino di Santiago. E vi suggerisco un'ultima canzone misteriosa, che spero molti di voi conoscano :-) Il loro album lo trovate qui.
Qui trovate il mio gruppo di lettori: Avventure sul Cammino di Santiago.

Grazie per aver letto questo post! Condividetelo pure con tutti i vostri amici appassionati di musica, di Cammino, o di tutti e due. 

Un abbraccio dalla vostra sbirimbrulla.
​Julie

Avventure sul Cammino di Santiago su La Repubblica: intervista completa.

11/4/2016

 
Molti dei miei amici di Torino e Val di Susa hanno avuto modo di leggere l'intervista pubblicata venerdì scorso sul quotidiano La Repubblica. Per coloro che, per ragioni di spazio, tempo e allineamento dei pianeti, non fossero riusciti a procurarsi una copia del mitico giornale, ecco qui. Questa è l'intervista senza i tagli apportati sul giornale (dovuti a questioni di spazio). Sono molto felice che le mie parole siano finite su un quotidiano così importante e spero che vi piacciano le risposte da me date a Leonardo Bizzaro, il gentilissimo giornalista con il quale ho avuto modo di collaborare per la creazione di questo articolo. Speriamo ne seguano altri :-D
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Perché è partita per un pellegrinaggio?

Mi ero appena trasferita a Torino dopo aver vissuto a Roma per parecchi anni.
Pioveva a dirotto. La mia casa era un sottotetto dalle parti di Porta Nuova in un palazzo della fine del 1700. Quando il telefono squillò, quasi non lo sentii per il baccano che facevano le gocce di pioggia sulle tegole. 
Era Andrea S., un mio caro amico dei tempi dell'Accademia di Belle arti. Forse perché sapeva che mi piacciono i racconti, forse perché sapeva che mi piace viaggiare, mi tenne al telefono per ore, raccontandomi del suo incredibile viaggio a piedi, alla volta di Santiago de Compostela.  
Era un pomeriggio di settembre del 2012 e io, all'epoca, non sapevo nemmeno di preciso dove fosse, Santiago. 
L'energia sprigionata dalle sue parole fu come un raggio di sole. Illuminò quel pomeriggio con una potenza tale che, quando chiusi la telefonata, nella mia testa non c'era altro che un nome: Santiago. 
Non partii per un pellegrinaggio. Partii alla ricerca di quell'energia.

Perché decine di migliaia di persone si affollano sul Camino: fede, desiderio di avventura, una Woodstock escursionistica, un ritorno al passato ispirato da letture e film?

Se io le dicessi che, per meno di mille euro, in un mese è possibile: trovare il tempo per meditare, venire a contatto con la natura, scoprire luoghi nuovi e che (quasi sempre) hanno mantenuto viva la loro magia, imparare parole straniere provenienti da tutto il mondo, perdere peso in modo salutare, imparare ad orientarsi, degustare cibi e bevande interessanti, fare amicizia con centinaia di persone, fare sport, migliorare il ciclo sonno-veglia, scambiare parole di saggezza e di conforto con perfetti sconosciuti, imparare a pregare per divinità che sono solo nostre, riscoprire le necessità minime ed imparare ad apprezzare cose essenziali (ma fin troppo scontate per noi computer-dipendenti) come cibo, acqua e salute...partirebbe?
In passato poche persone percorrevano il Cammino per due motivi: il percorso non era ben organizzato e non c'erano ancora gli strumenti per far conoscere alla gente questo meraviglioso percorso spirituale. Perché sì, e lo dico da persona che non ci tiene a catechizzare nessuno, questo è un percorso spirituale. Ma in un senso che ha ben poco a che vedere con quello che la gente si aspetterebbe. L'esperienza del Cammino di Santiago è come un seme piantato in profondità, che cresce lento e costante.

Lei scrive, disegna: come si racconta un'esperienza come quella che ha vissuto?
 

Prima di partire per Santiago ho fatto moltissime ricerche. Subito dopo aver finito di parlare con il mio amico sono corsa a cercare questo mitico luogo sulla mappa. Poi ho cercato di capire chi fosse stato San Giacomo. Successivamente mi sono preoccupata di trovare delle informazioni sul percorso stesso, e sul tipo di attrezzature necessarie allo scopo di percorrere gli ottocento chilometri previsti. Mi diedi meno di un anno di tempo per prepararmi psicologicamente (per superare l'ansia di viaggiare all'estero da sola), fisicamente (per preparare le mie gambe alla fatica dei trenta giorni di cammino), economicamente (per mettere da parte i soldi necessari) e in tecnicamente (per trovare "le scarpe giuste", "lo zaino giusto", ecc). Poco prima di partire, un po' per farmi coraggio, un po' per condividere con i miei amici le mie scoperte, realizzai la mia "Piccola guida per Santiago de Compostela", un piccolo libro illustrato a mò di sketchbook che illustra sinteticamente le cose essenziali da sapere se si vuole affrontare il cammino di Santiago. La guida è ora disponibile come auto produzione su Amazon in tre lingue diverse (italiano, inglese e spagnolo) ed è stata bestseller nella categoria libri illustrati in Italia e Brasile. Al mio ritorno da Santiago, in meno di tre mesi scrissi il mio romanzo. Volevo raccontare tutto prima che la memoria potesse perderne i dettagli. Ad aiutarmi a ricordare, ogni giorno, tramite Skype (all'epoca abitavo a Brussels), il mio fidato compagno di viaggio, conosciuto lungo il Cammino: Matteo. Tramite le mie foto, i pezzi di diario che molto raramente avevamo scritto e i nostri timbri sulla Credencial (il passaporto del pellegrino) riuscimmo a tirare giù una scaletta che poi fu la base per scrivere il mio libro.

Ha letto i tanti altri diari di viaggio del Camino? 

Fino al mio ritorno dal Cammino di Santiago non avevo letto nessun diario di viaggio legato a questo pellegrinaggio. Fu solo qualche mese prima che il mio libro venisse pubblicato che decisi di fare "a scambio di files" con alcuni pellegrini che, come me, avevano deciso di raccontare la loro storia. Ho letto le loro storie e loro hanno letto la mia. Ancora adesso mi stupisco di quante possibili sfumature narrative possa assumere una semplice, seppur lunga, strada sterrata.

Il piacere del camminare, che è diventata cosa ben diversa dall'escursionismo, soprattutto in una fascia più giovane: come mai? 

Credo che fosse ora che le persone scoprissero il piacere di camminare. Sul Cammino ho trovato moltissimi ragazzi che, in compagnia dei loro coetanei andavano allegramente alla "conquista" di Santiago. Camminare è formativo, educa all'attesa, spinge al superamento dei propri limiti. Credo che le nuove generazioni abbiano bisogno di scoprire sulle loro gambe il piacere della riuscita di un'impresa, piccola o grande che sia. 
Grazie a mio nonno bonànima e a mia madre (entrambi nati in Trentino ma grandi amanti delle montagne della Val di Susa, dove è nata e cresciuta mia nonna) camminare è sempre stato, per me, uno dei piaceri da andare a ricercare, soprattutto durante le vacanze estive (d'inverno si scia, da quelle parti!). 
Essendo i miei nonni materni entrambi nati in montagna, fin da piccola sono stata trascinata su per le valli e le ferrate. I miei compagni di giochi, soprattutto quelli di Chiomonte, sono tutti cresciuti mangiando il formaggio delle malghe che andavano a prendere dopo una scampagnata in mezzo ai boschi. Ricordo ancora la mia prima notte in rifugio, dopo aver scalato una montagna di 2.747 m s.l.m. (il Vaccarone, un rifugio situato nel comune di Giaglione (TO), in Val di Susa): la stanchezza ricompensata dal silenzio e dalla bellezza del sole nascente il mattino successivo. Avevo sedici anni, forse qualcosa in meno e non c'erano adulti in mezzo a noi. 

Perché tanta gente ha scelto di viaggiare a piedi e addirittura una casa editrice si è messa a pubblicare solo libri di viaggi a piedi?

Camminare permette di cogliere aspetti che altrimenti andrebbero persi. Non parlo solo delle interessanti lezioni naturalistiche impartite dall'esperienza: dal riconoscere le tracce degli animali, al saper scovare i funghi commestibili, al trovare il "nord" guardando i tronchi degli alberi. Parlo di quello che si scopre su noi stessi. 
Ci si dà la possibilità di sentirsi parte della natura stessa: i profumi delle piante che ci circondano e che entrano dentro di noi, il rumore di un temporale che si avvicina e che ci spaventa, il doversi fermare di fronte a certi ostacoli che delineano la nostra figura come esseri umani. Sono tutti aspetti della vita che, per quanto HD possa essere il nostro televisore, perderemmo di sicuro se non mettessimo la testa fuori casa. 
E per chi non può permettersi di viaggiare con i piedi, ecco che, come del resto hanno sempre fatto, i libri aprono le porte alle avventure più incredibili. E in tempi di crisi, quando la gente sente il bisogno di "scappare via" dalla vita di tutti i giorni, a volte dura e ingiusta, un buon libro offre un grande aiuto, permettendo di sognare luoghi e persone che esistono davvero. Solo che non sono ancora stati trovati da tutti coloro che li stanno cercando. 


Quante volte ha pensato di smettere e tornare a casa? E quando ha capito che ce l'avrebbe fatta?

Durante il cammino ho avuto due problemi legati alla salute: mal di schiena (dovuto soprattutto all'eccessivo peso del mio zaino) e un'infezione ad un piede data dalla grande quantità di vesciche e da un errore nella cura di una di esse. Il problema alla schiena lo risolvetti parzialmente regalando metà del contenuto del mio zaino ad altri pellegrini (ma se dovessi ripartire oggi porterei uno zaino non più grande di trenta litri e un solo cambio di vestiti. Minimal è la parola d'ordine sul Cammino). 
Il problema ai piedi è stato un grosso ostacolo fin dal terzo giorno. Ricordo che spesso dovevo prendere antidolorifici nel bel mezzo della notte o prima ancora di mettermi a camminare. Una delle piante dei miei piedi era diventata di colore blu. 
Il momento peggiore è stato quando, con Matteo, ci siamo persi nelle campagne prima di Burgos. Abbiamo marciato per quaranta chilometri sotto il sole. Poi abbiamo finito l'acqua. E, senz'acqua, ne abbiamo percorsi altri cinque, o forse anche di più, senza avere la più pallida idea di dove ci trovassimo. Arrivata all'albergue, alla sera, mi sono sentita letteralmente svenire nel letto, dopo aver mangiato, bevuto due litri di acqua, disinfettato le ferite e spalmato uno strato di due centimetri d'altezza di crema dopo sole sulle mie gambe ustionate. 
Ma nonostante tutto questo, non ho mai pensato di interrompere il mio Cammino. A volte mi sono dovuta fermare per un giorno, per via delle vesciche (sono arrivata a quota nove, anche le une sulle altre. Un solo consiglio: non usate i cerotti di silicone che si incollano alla pelle. Mai). Al fatto di arrivare o meno non ci ho mai pensato fino al momento in cui mi sono resa conto che in poche ore sarei arrivata alla mia meta finale. 

Perché è partita da sola?

Quando parlai alle persone intorno a me della mia intenzione di compiere questo pellegrinaggio molti mi snobbarono, si rivelarono spaventati all'idea o semplicemente non intenzionati a usare le loro risorse fisiche, economiche e il loro tempo per qualcosa di cui avevano, forse, sentito parlare solo vagamente. 
Pensavo inoltre che fosse una buona maniera per esorcizzare la mia paura di viaggiare da sola all'estero. Paura che, devo dire, è stata esorcizzata del tutto visto che ora ci vivo all'estero (al momento a Londra), da tre anni. 
All'epoca non ero consapevole che sul Cammino non si è mai soli. Ripartirei, da sola o in compagnia, anche domani stesso.
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Questo è il romanzo in cui racconto delle mie peripezie lungo il Cammino di Santiago. Compratelo, leggetelo, recensitelo e consigliatelo. Ve ne sarò eternamente grata! :-*

Perché scrivere è più importante che pubblicare.

2/12/2015

 
Pubblicare un libro dopo averlo scritto è come passare dall’adolescenza all’età adulta. Consumatasi la ventata di gioia, il panico vi assale manco foste nel Jurassic Park. Non più sogni di gloria e successo, ma la dura realtà: ora il vostro libro è immerso in un mare di carta stampata, le cui onde più alte sono formate dalle colonne di libri di scrittori V.I.P. posizionate strategicamente vicino alle casse delle librerie.
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Ricordo ancora con quale trepidazione, dopo ben 4 anni da quando lo avevo finito di scrivere, mi ritrovai tra le mani il mio “Elenoir”, stampato e pubblicato. Entrare in una libreria e vederlo lì, in compagnia di scrittori famosi e bestsellers, non mi sembrava vero. Ogni volta che qualche amico o parente mi diceva di averlo avvistato su uno scaffale della Feltrinelli, mi veniva il batticuore.
Era la fase che in una relazione si definirebbe “luna di miele”. Sorridere per motivi inesistenti, pensare al futuro come a qualcosa di etereo e pieno di gioie, immaginarsi la propria vita come se di punto in bianco si fosse diventati Neil Gaiman. Ma non è così.
Immaginiamoci per un istante di non essere scrittori, ma falegnami. Fingiamo per un momento di aver appena ultimato il nostro primo mobile, dopo un periodo di studio che ci ha permesso di avere quelle conoscenze necessarie per sapere che, volendo costruire un tavolo, si devono attaccare quattro gambe ad un piano. Ed eccolo lì, il nostro tavolo. Ben quattro gambe, tutte e quattro perfettamente attaccate ad un piano. Fantastico! Non siete emozionati anche solo a guardarlo? Presto, andate a chiamare tutti i vostri amici e rendeteli partecipi della notizia: l’Opera è finita! Non c’è da stupirsi che abbiate un grande entusiasmo alla vista del vostro primo tavolo. Per la prima volta nella vostra vita avete realizzato qualcosa da cima a fondo ed ora è lì, esiste.
Poi qualcuno che si presenta come un esperto,  vi dice che vorrebbe mettere in vendita quel tavolo. Sì, proprio così, il vostro tavolo interessa a qualcuno! Voi non potete crederci. Davvero c’è una persona (e non una qualunque, eh: un esperto) che è interessata a prendere il vostro tavolo e metterlo in commercio. Voi accettate senza indugio alcuno. Non potete perdere questa occasione.
E così, dopo qualche giorno, passate dal negozietto di mobili locale e lo vedete lì, con un bel cartello che ne indica il prezzo. L’esperto vi ha detto che, per supportare i costi di trasporto del tavolo e per pagare l’esposizione in vetrina, non rimarrà nulla per potervi ripagare il tempo che avete investito nella costruzione del tavolo stesso o i costi materiali. Ma l’esperto vi ha anche detto che questa opportunità vi darà grande visibilità nel mondo dei mobili e, presto, moltissime persone noteranno il vostro tavolo e vi chiederanno di costruirne uno. Voi, chiaramente, accettate di buon grado che l’esperto si prenda cura di questi dettagli. Del resto, se non sa lui come vendere un tavolo, di sicuro non lo sapete voi.
Passano i giorni. Il tavolo è sempre lì. Nessuno ha comprato il tavolo in vetrina e, tanto meno, nessuno vi ha contattato per chiedervi di realizzare una serie di tavoli uguali a quello che avete fatto. “Probabilmente la gente non sa che il mio tavolo è in vendita”, vi dite, “devo metterli a conoscenza del fatto che, non solo ho creato questo tavolo, ma che sarebbe il tavolo perfetto per loro.” E così andate da un pubblicitario e gli chiedete se, gentilmente, possa aiutarvi a fare della pubblicità. Con un sospiro, pagate il pubblicitario affinché metta in circolo questi opuscoli illustrativi, ornati di foto HD che mostrano la bellezza della vostra opera di falegnameria. Del resto, la pubblicità è l’anima del commercio.
Nel frattempo, l’esperto vi comunica che, a causa del mancato interesse degli acquirenti, è costretto a ritirare il tavolo dalla vetrina nella quale era esposto. Non lo sta ritirando dal commercio, figuriamoci! Ma lo metterà in una stanzina nel retrobottega. Se qualcuno dovesse andare a chiederglielo, lui sarà ben felice di mostrarlo. Voi fate presente che avete appena pagato una campagna pubblicitaria per promuovere il vostro tavolo e lui vi risponde che, a maggior ragione, non c’è da preoccuparsi, se ai clienti interesserà comprare il tavolo da voi costruito con tanto amore e pazienza, faranno di tutto per trovarlo.
Ed infatti un giorno l’esperto vi chiama e vi dice: “Ho venduto il tuo tavolo! Certo, visto l’andamento del NASDAQ, l’allineamento di Marte con Venere e la stagione delle piogge, ho dovuto venderlo a metà del suo prezzo originario, ma almeno copro le spese. Grazie ed arrivederci.”
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Passa un po’ di tempo e un giorno, passando davanti alla vetrina nella quale fino a poco tempo fa c’era il vostro tavolo, eccone un altro, simile in tutto e per tutto al vostro. Il prezzo è pure più basso. Si avvicina a voi un tipo che pressappoco avrà la vostra età e vi dice: “Bello vero? L’ho fatto io, è il mio primo tavolo”. Voi annuite, guardate il tavolo e sospirate. Decidete di andare a consolarvi a casa dei nonni, con una bella tazza fumante di cioccolata calda. Ed ecco che la nonna vi mostra con orgoglio il tavolo, il vostro, proprio nel bel mezzo del salotto.
“Certo, il nonno ha dovuto scartavetrarlo tutto e abbiamo dovuto livellare le gambe perché ballavano. Ma il legno era molto buono, chi lo ha costruito deve averci speso una fortuna”.
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Vi ho raccontato questa storiella per farvi capire un paio di cose.
La prima è che, così come noi, ci sono altri mille scrittori là fuori. Scriviamo tutti, scriviamo tanto e non ci sono abbastanza editori e lettori da permettere a ciascuno di noi di avere un esordio coi fiocchi. Un esordio coi fiocchi sarebbe a dire: trovare un editore che decida di investire davvero nella nostra opera, che la curi al dettaglio, dall’editing al marketing, che la faccia arrivare nelle mani giuste al momento giusto.
Immaginate la difficoltà nel trovare la persona giusta, l’amore della vostra vita. Trovarlo al primo colpo sarebbe considerata una fortuna sfacciata, ma ahimè, purtroppo di solito ci si deve prima far spezzare il cuore, se no non si è considerati umani abbastanza. Chiedete in giro, è quasi un rito di passaggio. Ecco, trovare l’editore giusto è più o meno la stessa cosa. Se trovate quello sbagliato può spezzarvi il cuore e magari farvi allontanare dalla scrittura per sempre.
Ma voi non dovete abbattervi. Date una pulita alla vostra scrivania, leggete "Un anno per cambiare la Tua Vita", e ripartite da zero.
La seconda è che, a volte, pubblicare il nostro primo romanzo/saggio, senza pensarci due volte e senza sapere chi si ha davanti in termini di pubblico, editore e soprattutto, senza conoscere il mercato (i nostri scrittori concorrenti, chiamiamoli così) , equivale a gettare opportunità dalla finestra.
Immaginate che vi invitino a cena e che voi decidiate di portare qualcosa di cucinato da voi. Sarebbe un grave errore portare un piatto che non avete mai cucinato prima, che è stato realizzato senza seguire una ricetta e senza nemmeno avere una vaga idea del sapore che dovrebbe avere. Così è quando si pubblicano dei libri. Dovete avere idea di quello che state facendo e del perché.
Vi piacerebbe che i vostri amici vi dicessero: “Ok, a sabato allora! Ah, non è che potresti cucinare di nuovo il tuo meraviglioso tiramisù?”. Immaginate un po’, sarebbe molto gratificante e voi cucinereste il vostro tiramisù sapendo che, dall’altra parte, ci sono delle persone che aspettano il momento in cui assaporeranno il vostro dolce delizioso. Non quello comperato alla Coop, non quello della zia: il vostro.
Così è con i libri. Voi volete che qualche editore vi chiami e vi dica: voglio un tuo libro. Non quello di Pinco Pallino, il tuo. Ma per arrivare a questo punto bisogna fare tanti tiramisù.
Perché, per quanto semplice possa sembrare la ricetta (basta mettersi alla scrivania e scrivere), in realtà, scrivere un libro che valga la pena pubblicare non è qualcosa che chiunque possa fare subito. E, se avete intenzione di fare della scrittura un mestiere, tanto vale che lo capiate al più presto. I refusi si dimenticano se la storia è eccezionale. La scrittura si può migliorare. Ma senza l’atto dello scrivere, il miglioramento è pura utopia.
Se tornassi indietro al lontano 2009, probabilmente all’editore risponderei in modo molto diverso da come risposi all’epoca (firmando un contratto senza prima sottoporlo ad un legale, pubblicando un libro senza prima averne scritti altri 3). Ci sono momenti in cui guardo la prima edizione di Elenoir e mi viene da ridere. Si tratta di un libro sincero, libero, energico, senza filtro. Ed immaturo.
Ma poi ci penso un attimo e capisco che, se non avessi scritto e pubblicato Elenoir, non avrei scritto e pubblicato nemmeno tutti i libri che sono arrivati dopo di esso. Se rileggo le loro pagine in ordine cronologico, mi rendo conto dei miglioramenti che ci sono stati, da un punto di vista dello stile, della trama, dei dialoghi e quant’altro. Ora, io continuo a pubblicare i miei libri imperfetti, conscia del fatto che mi ci vorranno almeno altri vent’anni per poter arrivare ad un livello decente di scrittura. Ma ora so bene che non esiste un solo tipo di scrittore, come non esiste un solo tipo di lettore. Come migliora la scrittura così fa la lettura. Ci sono mode (vedi i vampiri), il gusto cambia, sia di chi scrive che di chi legge. Cambia anche lo stile (vi immaginate se scrivessi copiando lo stile di Dostoevskij?) a seconda dell’età di chi scrive, dell’argomento trattato, dell’epoca storica in cui il libro è stato scritto…
Insomma. Sperimentare è l’unico modo per evolversi. Quindi, invece che cercare un editore, cercate un mentore. Invece che cercare la pubblicazione, cercate la lettura.
E non vendete al primo esperto che passa il vostro “primo tavolo”. Trovate editori che amino il loro mestiere e che scelgano la qualità, non che vogliano solo riempire il catalogo. A quelli basta vendere le poche copie del vostro libro che verranno comperate dai vostri amici e parenti, senza fare alcun tentativo per promuovere la vostra opera, perché tanto quello che conta è rientrare nelle spese. Dovrebbero chiamarsi tipografi.
Usate i soldi (invece che sprecarli in pubblicità a vostre spese) per migliorarvi. Fate un acquisto sensato: comprate un Kindle. Troverete la maggior parte dei classici a pochi centesimi di euro, i libri nuovi spesso a prezzi che rasentano la metà dei cartacei e in più non riempirete la casa di libri non letti (specialmente di quelli che non vi piacciono). E, che ve lo dico a fare, potrete leggere tutti i miei libri (farvi due risate trovando tutti i miei errori e conoscermi un po’ meglio), semplicemente scaricandoli con la connessione wireless, seduti sul vostro divano, in meno di 30 secondi. Dovete leggere tanto, senza selezionare solo i bestsellers. Per imparare a scrivere bisogna leggere anche i libri brutti.
Investite in un editor massiccio. Non abbiate pietà. Sceglietevene uno crudele ma bravo.
La vostra migliore pubblicità sarà il passaparola dei lettori che vi ameranno.
Un abbraccio dalla vostra sempreverde.
Julie
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10 buone ragioni per (non) fare l’Artista.

24/11/2015

 
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Se anche voi a volte vi sentite giù e vi chiedete se invece che fare l’artista non sarebbe stato meglio prendersi un diploma in ragioneria e trovare lavoro subito invece che passare gli anni migliori della vostra vita ad arrovellarvi il cervello nel tentativo di creare opere belle ma inutili per il vostro sostentamento,  questo post fa per voi.
Ecco le 10 ragioni per le quali sarebbe in effetti meglio diventare idraulici o dentisti, invece che artisti.
  1. I vostri genitori ve lo sconsigliano.
  2. I vostri professori dicono che non siete portati.
  3. Altri artisti dicono che non ne vale la pena.
  4. Voi stessi sapete benissimo che artista=morto di fame nel 90% dei casi.
  5. Il mondo intero vi giudicherà (male) per le vostre creazioni.
  6. Ci sarà sempre qualcuno migliore di voi.
  7. L’Arte non vi assicurerà l’immortalità.
  8. Nessuno comprerà le vostre opere: nemmeno i vostri migliori amici.
  9. Guardando quello che avrete creato non sarete mai contenti.
  10. Il successo non arriverà mai (come ve lo aspettate).
Ed ecco perché, in realtà, queste sono le migliori ragioni possibili per scegliere di diventare un artista.
I vostri genitori ve lo sconsigliano.
La verità è che hanno paura. Hanno vissuto sulle loro spalle le conseguenze delle loro scelte, hanno fatto del loro meglio per darvi il migliore calcio d’inizio della storia, ma ora sta a voi. E loro sono terrorizzati all’idea che tutti i loro sacrifici per permettervi di crescere e realizzarvi saranno resi vani dall’ahimè dura legge della giungla. Ma voi sapete che non è così. Voi avete chiaro in mente il vostro futuro. Diventerete artisti, a qualsiasi costo. Non importa se per farlo dovrete emigrare in Cambogia, voi siete pronti a tutto. E questo spaventa i vostri genitori ancora di più: “Non è che nostra figlia, col suo sogno di fare la ballerina, finirà nelle mani di qualche cattivissimo imprenditore che la trasformerà in… Oh, caro, dobbiamo dissuaderla.”  Oppure ancora peggio: “Suonare in una rock band? Finirai col drogarti!”
La cosa che non si aspettano, è che voi abbiate un piano.
Voi siete perfettamente consapevoli degli immensi sacrifici che i vostri genitori hanno compiuto e , proprio per questo motivo, avete deciso di dedicare la vostra vita a qualcosa che per voi ha un significato profondo. Sarete persone rispettabili anche senza aver lavorato durante i saldi da Zara, non verrete arrestati per aver dato fuoco alla suite di un albergo (anche perché, onestamente, passerete la vostra giovinezza viaggiando low cost e il massimo del lusso sarà una camera tripla in un ostello per la gioventù).
I vostri professori dicono che non siete portati.
La verità è che non vogliono prendersi la responsabilità di indirizzarvi verso una carriera incerta. Vi faccio un esempio. Quando ero alle medie, alla fine dell’ultimo anno, la professoressa di arte disse ai miei genitori che ero “meh” e quella di letteratura italiana disse loro che ero “bravissima”. Il che portò i miei ad indirizzarmi verso una scuola in cui la letteratura fosse la materia prominente: il liceo Classico.
Dopo il primo anno volevo già spostarmi in un’altra scuola. Non ero un gran che in latino e il greco mi sembrava inutile. Le due ore di matematica settimanali portavano più danni che benefici alla mia vita e, cosa peggiore, non c’era nemmeno un’ora di disegno artistico. Ma, tant’è, finii i benedetti 5 anni di superiori, e, non appena mi fu possibile, mi iscrissi all’Accademia di Belle Arti. Dovetti sudare un bel po’ per farmi spazio tra gli studenti che arrivavano freschi freschi dai licei Artistici e le scuole d’Arte, ma riuscii a completare gli studi e mi beccai una bella lode finale. Risultato: ora scrivo e disegno.
Cosa sarebbe successo se non avessi continuato gli studi andando incontro ad una carriera artistica?
C’è chi dice che sarei stata un bravo avvocato. Io dico che preferisco scrivere poesie.
Altri artisti dicono che non ne vale la pena.
La verità è che voi potreste essere i loro peggiori concorrenti. Ci avete mai pensato? Che cosa fareste voi, se un giovane e promettente artista sfoderasse il suo portfolio a colui che era lì lì per dare il lavoro a voi? Non vi fareste prendere dal panico? Non vorreste con tutto il vostro cuore che quel giovane nerd brufoloso scomparisse dalla vostra vista? (Però è bravo, eh?)
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Ecco, questo è il motivo per il quale, spesso e volentieri, nonostante il fatto che le vostre opere siano di un certo spessore, o addirittura che superino il valore delle opere di certi artisti famosi, la maggior parte dei complimenti li riceviate da gente estranea al mondo dell’Arte. E, mai e poi mai, se non in casi rarissimi (vedi alla voce Zerocalcare), riceverete la raccomandazione di qualche “big”, che, con gentilezza e professionalità, vi inserisce nel posto giusto al momento giusto. E vi risparmia anni di sbattimenti per farsi notare dai “professionisti”.
No. Non datevi per vinti perché il vostro musicista preferito non mette like alla vostra pagina Facebook. Probabilmente è in cucina a farsi una camomilla, perché sa che un domani sarete voi a gustarvi il panorama dalle terrazze dei piani alti. E lui, ahimè, spolvererà i suoi vecchi trofei nella solitudine del suo monolocale.
Voi stessi sapete benissimo che artista=morto di fame nel 90% dei casi.
La verità è che leggere le vite degli artisti morti di fame è sempre di tendenza ed è sicuramente molto interessante. Anche se mette ansia.
Con il Romanticismo nasce l’idea dell’Artista genio e ribelle, bravo ma sfortunato, talentuoso e sfigato come non mai. Non che non ce ne fossero stati prima, solo che adesso è trendy. Se non si è sofferto non si può essere artisti. Ora, tralasciando il fatto che molte delle mie opere sono state create in un clima di adolescenziale pessimismo, adesso, che mi avvicino ai 32 ( lo so, non li dimostro: questo è il lato positivo del passare le giornate al buio della propria scrivania. Ci si preserva meglio.) mi rendo conto che ci siano diversi modi di essere artisti. E non parlo del binomio Artista ribelle e squattrinato/ artista venduto alle multinazionali. Intendo dire che al giorno d’oggi ci sono mille modi per declinare le nostre opere in modo che diventino qualcosa di remunerativo. Certo, come in tutti i mestieri anche in questo ci vuole del tempo affinché la ruota giri e si inizino ad avere dei ritorni sufficienti alla sopravvivenza. Ma è chiaro che darvi all’eroina per la disperazione, non vi aiuterà a vendere più copie del vostro ultimo album di sonate rinascimentali.
E se si trattasse di un alibi? Voglio dire, quante volte avete sentito la frase: “Eh, ma lo sai che Van Goghin vita ha venduto un solo quadro?”.
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Voi non siete Van Gogh, nel bene e nel male.
Non lasciatevi incantare dalle storie che circolano sugli artisti maledetti. Il fatto che ci siano 10 artisti su mille che sono morti di fame/tristezza di vivere/droga/sesso/rock’nroll nonostante il fatto che fossero (o che siano diventati) famosi non vuole dire che questa sia una ricetta per assicurarsi la gloria.
La maggior parte degli artisti che sono morti di fame/tristezza di vivere/droga/sesso/rock’n’roll resteranno per sempre sconosciuti, spesso, perché si sono spenti troppo presto. E voi non volete questo, vero? Quindi vi tocca lavorare invece che deprimervi.
Il mondo intero vi giudicherà (male) per le vostre creazioni.
La verità è che difficilmente raggiungerete una fama che permetta al mondo intero di inveire contro di voi. E poi è risaputo che anche chi parla male di noi, in realtà, ci fa solo pubblicità. Non sono parole mie,  “non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità.” è una frase di Andy Warhol (tra l’altro, quanto ganze sono queste Converse? E poi dicono che la Pop Art è morta).
Se proprio siete intimoriti dalla possibilità che le vostre creazioni suscitino le argomentazioni iraconde di qualcuno, beh, andate di pseudonimo. Ma poi, a voi che vi frega di quello che una persona potrebbe dire riguardo all’Arte che produrrete? Pensate a Manzoni: è stato capace di inscatolare un po’ della sua cacca. E venderla. E non mi pare che gli mancasse il sorriso mentre presentava la sua opera al mondo.
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Sicuramente anche voi avrete sentito parlare di cacca santa, quando il vostro fratellino o la vostra sorellina riempiva di puzzosissime cose il proprio pannolino. Beh, ogni cacca è santa. Ogni opera è degna di essere presentata al mondo (e ritirata subito dopo, se necessario).
Ci sarà sempre qualcuno migliore di voi.
E questo è vero. Ma voi sarete mille volte meglio di tanti altri.
Non bisogna pensare di essere i migliori solo perché si è stati capaci di allestire una mostra personale o perché il proprio gruppo si è esibito come spalla dei Florence and the Machine.
Tanto di cappello, bravissimi, ma non basta. Decidere di fare gli artisti vuole dire prendere consapevolezza che, per il resto della propria vita si vivrà circondati da persone che si aspettano da noi capolavori o quantomeno miglioramenti. E questo, che fuori splenda il sole o che ci sia la pioggia. A chi la nostra arte la dovrà leggere, guardare, amare o odiare, che noi ci sentiamo spaventati dalla grandezza del genio diLeonardo da Vinci, gliene fregherà poco o nulla. Che noi ci sentiamo schiacciati dal successo dellatrilogia degli Hunger Games, alla gente non gliene importa un fico secco. Se vi siete sentiti male quando avete scoperto che Christopher Paolini ha scritto la sua serie bestseller quando aveva 15 anni, non temete. Bram Stoker, il papà di Dracula, ne aveva 50 quando ha pubblicato il romanzo più vampiresco dell’universo.
La dura verità è che dovrete sempre fare i conti con voi stessi. Non importa quanto bravi siano coloro che vi circondano, la vostra attenzione deve essere costantemente rivolta alla vostra, di Arte.
L’Arte non vi assicurerà l’immortalità.
La verità è che nulla vi assicurerà l’immortalità, se non provate ad impegnarvi nella creazione di qualcosa di importante.  C’è gente che diventa famosa per i motivi più incredibili. Ci sono gatti che diventano famosi a loro stessa insaputa, solo ed unicamente perché hanno la faccia imbronciata. Ma la domanda che dovreste porvi non è “diventerò abbastanza famoso da essere immortale?” ma “i miei pensieri riusciranno ad ispirare altre creazioni, in un futuro in cui il mio corpo non esisterà più?”. Del resto, se pensiamo alla storia come qualcosa che vada un po’ più in là della cronologia del nostro browser, ecco che ci rendiamo conto che non abbiamo idea di chi abbia costruito le piramidi eppure, le consideriamo ancora uno degli esempi più alti di architettura, tecnologia e, perché no, Arte.
Nessuno comprerà le vostre opere: nemmeno i vostri migliori amici.
La verità è che i vostri migliori amici credono che voi siate talmente bravi che non ci sia bisogno di sostenervi. Loro non sanno niente, proprio come Jon Snow. E voi dovete perdonarli per questo.
Non si sa bene come o perché, ma, da generazioni, gli ultimi a sostenere gli sforzi degli artisti sono, spesso, i loro cari amici. Non lo fanno con cattiveria, ma con pigrizia. Non lo fanno per sabotarvi, ma perché di come funzioni il mercato dell’arte (e ad esempio del fatto che abbiate un mese – 30 giorni, capito?-  per far funzionare il vostro libro in libreria o le librerie semplicemente, non lo ordineranno più, e voi avrete lavorato tanto per niente) non ne sanno nulla. Sta a voi spiegarglielo. Mi stupisco sempre della capacità di alcune persone di far funzionare progetti sulle piattaforme di crowdfunding. Ma come fanno a convincere così tanta gente a collaborare economicamente per la realizzazione dei loro progetti? Come fanno a convincere parenti ed amici tutti a contribuire con cifre ridicole, che però, sommate tutte insieme, saranno sufficienti a produrre cortometraggi, edizioni limitate di qualsiasi oggetto possibile ed immaginabile, sketchbooks della propria vita da pendolari, palloni volanti, viaggi alla scoperta delle Americhe…
Guardando quello che avrete creato non sarete mai contenti.
La verità è che, quando avrete in mano la copia stampata del vostro libro, ritirerete il premio come miglior attore non protagonista o leggerete una mail di congratulazioni da parte di qualcuno che, ispirato da voi, ha fatto qualcosa di mitico, vi verrà da piangere per la gioia, manco aveste dato vita a quattro gemelli in un parto solo.
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Poi vabbè, inizierete a trovare refusi, vi renderete conto di aver sbagliato battuta al minuto 27, scoprirete che la persona che avete ispirato è in realtà un assassino crudelissimo.
Però non importa. Voi ce l’avete messa tutta, ok? La prossima volta imparerete dai vostri errori.
Forse.
Il successo non arriverà mai (come ve lo aspettate).
Sì, è possibile che, in quanto artisti squattrinati, dobbiate passare un periodo della vostra vita mangiando nello stile dei nostri antenati raccoglitori di bacche selvatiche. Ma quello sarà il momento in cui imparerete tante cose utili, come ad esempio: come fare il formaggio fatto in casa, la birra artigianale, il tofu, come fare il pane, come preparare la pasta come faceva la nonna, come coltivare il finocchio nelle fioriere del balcone, 100 ricette per cucinare le patate, come usufruire degli sconti al supermercato e, cosa da non sottovalutare, userete i mezzi pubblici, se non, nei casi più estremi, i vostri piedi, per spostarvi da un capo all’altro della città. Scoprirete le gioie del turismo ecosostenibile, le incredibili avventure da vivere in campeggio, l’entusiasmante arte dei presepi fatti in feltro e altri mirabolanti passatempi per le serate in cui il budget non permette nemmeno due involtini primavera take away.
Poi, un giorno, vostra madre comprerà una delle vostre magliette, seguita da vostro padre, che compreràl’edizione in inglese della vostra ultima fatica letteraria. Poi una delle vostre migliori amiche recensirà uno dei vostri best seller. Uno dei vostri compagni di scuola consiglierà a suo nipote il vostro opuscolo filosofico. E via dicendo. E sarà così, che voi riemergerete dalle tristi nebbie dello sconforto, ritroverete lo spirito creativo e l’ispirazione, e finirete una volta per tutte quel progetto che da anni giaceva sulla vostra scrivania, sommerso dai CV che già erano pronti da spedire agli uffici di McDonald’s.
Un saluto dalla vostra fedelissima.
Julie
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